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Crediti Cartolarizzati – Il Tribunale di Ivrea Sospende (provvedimento 14.4.2025) e Estingue Esecuzione con (provvedimento del 1.7.2025) – Il Giudice: “Il Creditore Deve Provare la Titolarità del Credito”

Crediti Cartolarizzati

IVREA – Con una decisione cautelare di forte impatto, il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Ivrea ha sospeso un pignoramento presso terzi, accogliendo le istanze di una debitrice che ha contestato la legittimità del creditore a procedere. Il provvedimento, emesso inaudita altera parte (senza sentire la controparte) in data 14 aprile 2025, mette in luce una delle questioni più dibattute e complesse nel panorama del recupero crediti: la prova della titolarità del credito nelle operazioni di cartolarizzazione.

La vicenda, che vede contrapposte la debitrice assistita dagli Avv.ti Mirko e Katia Ventura e la società veicolo SPV Project 2016 S.r.l. (assistita dalla mandataria Exacta Credit Management S.p.A.), offre uno spaccato dettagliato delle strategie difensive che i debitori possono adottare e della crescente attenzione della magistratura sulla trasparenza di queste operazioni finanziarie.

La Vicenda Processuale: Dal Decreto Ingiuntivo all’Opposizione

Tutto ha inizio con un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Ivrea l’1 agosto 2024, seguito dalla notifica di un atto di precetto per un importo di oltre 11.700 euro. A fronte dell’inadempimento, la società creditrice avviava un’azione esecutiva tramite pignoramento presso terzi notificato il 6 febbraio 2025, coinvolgendo diversi istituti bancari e Poste Italiane .

La debitrice, tuttavia, non si è limitata a subire l’azione esecutiva. Attraverso gli Avv.ti Mirko e Katia Ventura, ha presentato un’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma 2, del Codice di Procedura Civile, chiedendo al Giudice di sospendere immediatamente la procedura. Il cuore dell’opposizione non verte sull’esistenza del debito originario, ma su una questione pregiudiziale e assorbente: la società che ha avviato il pignoramento è davvero la legittima proprietaria del credito?

Il Giudice dell’Esecuzione, Dott.ssa Monica Rufatto, ha ritenuto le argomentazioni della debitrice sufficientemente fondate da giustificare una sospensione immediata dell’esecuzione, ravvisando la sussistenza di presupposti legati alla “eccepita carenza di legittimazione attiva della parte creditrice procedente”. Ha quindi fissato un’udienza per il 26 giugno 2025 per la comparizione delle parti e la discussione nel merito .

Le Argomentazioni dell’Opposizione: Un Attacco alla Prova della Cessione

L’atto di opposizione depositato dalla Sig.ra Argiolas è un vero e proprio trattato sulla cessione dei crediti in blocco, disciplinata dalla Legge n. 130/1999 e dall’art. 58 del Testo Unico Bancario (T.U.B.). La tesi difensiva si articola su due pilastri principali.

  1. L’insufficiente Prova della Titolarità del Credito

La difesa della debitrice smonta pezzo per pezzo la documentazione prodotta dalla società creditrice per dimostrare di essere subentrata nella posizione creditoria originaria, frutto di una complessa catena di ben cinque cessioni .

L’argomento centrale è che la semplice pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale, sebbene prevista dalla legge per rendere la cessione opponibile ai debitori in deroga alla notifica individuale (art. 1264 c.c.), non costituisce prova della titolarità del credito. Come sostenuto nell’atto, citando numerosa giurisprudenza della Corte di Cassazione (tra cui le sentenze n. 24798/2020 e n. 5617/2020):

“la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1998, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale” .

In caso di contestazione da parte del debitore, quindi, non basta l’avviso in Gazzetta Ufficiale; il creditore deve produrre il contratto di cessione completo, dal quale sia possibile individuare “in modo chiaro ed incontestabile” che lo specifico rapporto controverso sia stato effettivamente ceduto .

L’opposizione analizza nel dettaglio le carenze della documentazione avversaria:

  • Avvisi in Gazzetta Ufficiale: Definiti meri “indizi”, in quanto pubblicati su istanza della sola cessionaria e privi di criteri chiari per l’individuazione dei crediti, richiamando contratti di cessione mai prodotti in giudizio .
  • Contratti di Cessione: I contratti depositati sono stati criticati perché “ZEPPO DI OMISSIS”, con parti essenziali come il prezzo di acquisto cancellate. Inoltre, mancherebbero allegati fondamentali, come l’elenco analitico dei crediti ceduti, documento che la Cassazione (sentenza n. 17944/2023) ha definito “essenziale” .
  • Lista Crediti (“Annex”): La presunta lista prodotta è stata contestata come un documento a sé stante, con impaginazione e caratteri diversi, “PRIVO DI COLLEGAMENTO con la cessione cui dovrebbe riferirsi” .
  1. La Carenza di Legittimazione della Società Mandataria (Servicer)

Un secondo, e non meno rilevante, fronte di contestazione riguarda la posizione della società incaricata della riscossione, la cosiddetta servicer. L’opposizione solleva la nullità della procura conferita alla mandataria, in quanto quest’ultima non risulterebbe iscritta all’albo degli intermediari finanziari previsto dall’art. 106 del T.U.B..

Secondo l’orientamento giurisprudenziale citato nell’atto, l’art. 2 della Legge 130/1999, che riserva l’attività di riscossione dei crediti cartolarizzati a banche o intermediari iscritti a tale albo, costituirebbe una norma imperativa. La sua violazione determinerebbe la nullità del mandato e, di conseguenza, un difetto di rappresentanza sostanziale e processuale in capo al servicer . Viene citata in particolare un’ordinanza del Tribunale di Viterbo del 3 aprile 2024, che ha definito “FALLACE” una precedente pronuncia della Cassazione (n. 7243/2024) di segno opposto, ribadendo la natura imperativa delle norme in questione .

Il Pericolo di un Danno Irreparabile

A fondamento della richiesta di sospensione, la debitrice ha inoltre evidenziato il “grave ed irreparabile pregiudizio” che subirebbe da un’esecuzione potenzialmente illegittima. L’argomentazione si basa su due elementi:

  • Il capitale sociale esiguo della società creditrice (SPV Project 2016 S.r.l.), pari a soli 10.000 euro .
  • La natura stessa delle società di cartolarizzazione, il cui patrimonio è “separato” e destinato in via esclusiva a soddisfare i portatori dei titoli emessi. Ciò renderebbe estremamente difficile, se non impossibile, per la debitrice recuperare le somme eventualmente pagate ingiustamente, qualora l’opposizione venisse accolta nel merito.

Conclusioni e Prospettive Future

La decisione del Tribunale di Ivrea, seppur preliminare, si inserisce in un filone giurisprudenziale sempre più consolidato che esige rigore e trasparenza dalle società che operano nel mercato dei crediti deteriorati (NPL). Il principio riaffermato è chiaro: chi agisce in giudizio per riscuotere un credito deve essere in grado di provare, senza ombra di dubbio e con documentazione completa e non manipolata, di esserne l’effettivo titolare.

L’Epilogo: La Rinuncia Strategica per Evitare la Soccombenza

L’udienza fissata per la discussione nel merito non è stata necessaria. Di fronte a un quadro probatorio così fragile e a un’opposizione così strutturata, la società cessionaria ha preferito fare un passo indietro, rinunciando formalmente all’azione esecutiva.

Questa decisione, tutt’altro che casuale, viene interpretata come una mossa calcolata per evitare una sconfitta processuale che appariva ormai inevitabile. Proseguire nel giudizio avrebbe significato, con altissima probabilità, non solo vedersi respingere la pretesa creditoria per carenza di legittimazione attiva, ma anche subire la “soccombenza”, ovvero la condanna al pagamento di tutte le spese legali sostenute dalla controparte. La rinuncia, in questo scenario, diventa il male minore: si perde il singolo recupero, ma si evitano ulteriori esborsi economici e una pronuncia di merito sfavorevole che avrebbe potuto costituire un precedente negativo.

La vicenda di Ivrea si chiude quindi con una vittoria completa per la debitrice e lancia un messaggio inequivocabile al mercato dei crediti deteriorati: la titolarità di un diritto non si può solo affermare, va provata con documenti certi, completi e trasparenti. In assenza di tale prova, il rischio non è solo quello di non incassare, ma di dover battere in ritirata per non perdere su tutta la linea.

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