Diritto del Turismo
Volo in ritardo ed extra per il bagaglio EasyJet deve risarcire una viaggiatrice
La causa. Sentenza storica a favore di una fashion blogger difesa da uno studio legale canturino.
Gli avvocati:
«Si ha diritto a 250 euro per attese oltre due ore e mezza su tratte fino a 1.500 km»
CANTÙ – SILVIA CATTANEO
Ogni viaggiatore lo sa bene, uno degli incubi peggiori da affrontare sono i ritardi dei voli. In seconda posizione – ma per le signore, senza volere cadere nei luoghi comuni, forse anche in prima – la necessità di stipare tutto quel che serve nel bagaglio a mano senza sgarrare, per evitare contestazioni da parte della compagnia aerea. XXXXXX XXXXX, fashionblogger di stanza a Milano, si è trovata a dover sopportare tanto l’uno quanto le altre. Ma stavolta ha vinto lei: il giudice di Pace di Milano le ha accordato un risarcimento per essere arrivata a destinazione con due ore e mezza di ritardo e il rimborso del biglietto che era stata obbligata ad acquistare per tornare a casa dopo una discussione con il personale di EasyJet sulla pochette che portava con sé.
Il viaggio
Ovvero una borsa davvero minimal, dove trovano posto al massimo telefono e portafoglio, con ben sa ogni donna. Niente a che vedere con il bagaglio a mano. E oggi a dirlo non sono più solo le tante viaggiatrici che si sono ritrovate a dover difendere il punto in aeroporto, ma una sentenza. Sentenza tutt’altro che banale, come sottolinea lo studio che ha portato avanti la sua causa, lo studio canturino Ventura, ovvero l’avvocato Katia Ventura, iscritta all’ordine di Como e l’abogado (questa la dizione del titolo conseguito in Spagna, ndr) Mirko Ventura, iscritto all’ordine di Milano e a quello di Madrid.
I fatti risalgono al 15 ottobre 2014. XXXXXX XXXXX,, fashionblogger, parte dall’aeroporto di Malpensa per Parigi. Porta con sé oltre al trolley un bagaglio a mano e una pochette. Nessuno le contesta alcunché. Chi ha da protestare, semmai, è lei, visto che il suo volo EasyJet ha oltre due ore e mezza di ritardo. Peggio le va al ritorno, il 18 ottobre, quando invece al check in le viene detto che quella pochette non la può portare con sé, è un bagaglio a mano ulteriore. Impossibile infilarla nella borsa, non c’è spazio fisico. Le viene chiesto di pagare un sovrapprezzo ma non può farlo con moneta elettronica. Alla fine, per poter rientrare in Italia, deve acquistare un altro biglietto. Un’avventura talmente indigesta da decidere di rivolgersi a un legale. «C’è stata una prima fase in cui abbiamo cercato una soluzione stragiudiziale – spiega Katia Ventura – ma senza esito. Quindi abbiamo incardinato la causa di fronte al giudice di Pace di Milano ».
La soluzione
Oggi, dopo tre anni, è arrivata la sentenza del giudice Elisabetta Dopudi. «Si tratta di un orientamento molto importante per i viaggiatori – sottolinea -. Innanzitutto è stato ribadito il diritto alla compensazione pecuniaria statuito dal regolamento 261 CE, che prevede un risarcimento di 250 euro per ritardo del volo superiore alle due ore e mezza su tutte le tratte aeree inferiori o pari a 1.500 chilometri. I viaggiatori non sanno che oggi c’è la possibilità di ottenere questo risarcimento, per ogni tratta c’è un importo riconosciuto dall’Unione europea».
Ma non solo. «Il giudice ha anche stabilito – continua – che la pochette è dimensioni tali che non può essere considerata bagaglio a mano. Per questo alla cliente è stato rimborsato anche il biglietto aereo che ha dovuto acquistare per il ritorno». Altri 115 euro. Oltre alle spese legali pagate dalla controparte. Ma la vittoria morale della viaggiatrice con le scarpe infilate malamente nello zaino tra i documenti di lavoro e il passaporto, stavolta, vale molto di più.